Diversi modi di pensare: pensare in immagini nell’Autismo

Oggi vi parlo di un saggio che ho letto negli ultimi mesi, ovvero Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica di Temple Grandin

Pensate in immagini, Tremple Grandin, Erickson 1995

Ho deciso di leggere questo saggio per capire meglio un aspetto dell’autismo che non mi era del tutto chiaro e non sapevo in che misura rapportare a me stessa ovvero il cosiddetto pensiero in immagini. Il saggio, in realtà, analizza l’autismo in toto anche dandone un quadro storico ma non so se approfondire ciò che viene detto perché tanti termini e idee che ho letto mi hanno lasciato perplessa e mi sembrano desueti e obsoleti.

Partiamo dal principio: il pensiero neurotipico è definito verbale, quello autistico visivo. La mente neurotipica procede dal generale al particolare, quella autistica, in linea di massima, dal particolare al generale. La Grandin fa l’esempio della parola campanile: quando le veniva detta, lei non pensava a un campanile generico ma a uno specifico che aveva visto nella sua vita. Nel suo lavoro, ogni macchinario creato era basato su altri che aveva visto in varie aziende e ricordava molto dettagliatamente.

Di esempi ne riporta molti: per esempio parla delle associazioni e di un bambino autistico che aveva associato il cane all’azione di uscire e quindi nella sua testa erano sinonimi. Fa un esempio anche con le preghiere e dice di non aver mai compreso il Padre Nostro perché alcuni passaggi non erano visualizzabili in immagini essendo troppo criptici.

E’ ormai risaputo che la maggioranza degli autistici interpreta letteralmente i modi di dire e li visualizza creando immagini a volte grottesche – vedesi espressioni come Ti parlo con il cuore in mano che, se prese alla lettera, fanno molto film horror più che dimostrazione di affetto. – A me non capita ma in effetti certe espressioni mi lasciano abbastanza perplessa.

La mente autistica funziona meglio per schemi e dopo aver ricevuto regole precise e chiare.

In Eccentrico abbiamo un intero capitolo dedicato al pensiero visivo. Vi cito questo passaggio:

Io vedo i miei pensieri. Se ho un appuntamento con Luisa alle otto, nella mia testa scatta l’immagine di Luisa, poi l’orologio con le lancette ferme alle otto, e poi la fotografia di me e Luisa, nel luogo dell’appuntamento. E’ così per tutto, anche se devo andare da qualche parte: prima visualizzo il percorso esatto come in un film. E questo a volte può essere un problema, se la strada non l’ho mai percorsa prima. Quando devo andare in un posto che non conosco, mi perdo. Non c’è scampo. [… ] Anche quando scrivo funziona così. Se sto buttando giù un racconto, lo vedo scorrere davanti ai miei occhi come una pellicola, come un film.

– Fabrizio Acanfora

Ci ho riflettuto molto e nel mio caso dico che è vera la parte dei percorsi – infatti quando ho iniziato l’università mamma mi ha guidato per mostrarmi le strade per le varie sedi – e per la scrittura – infatti molti articoli li ho in testa da mesi, come l’ultimo per esempio, e anche le storie che scrivo spesso sono già complete nella mia testa anche se devo mettere in ordine gli avvenimenti. – mentre, per gli appuntamenti non proprio. Sto cominciando a credere che essere ansiosa mi porti a non immaginare mai un appuntamento tranquillo ma ho sempre paura che salti senza motivo o che comunque non vada tutto liscio. Per fortuna, nella maggioranza dei casi, è solo una preoccupazione che non ha riscontro nella realtà e gli appuntamenti vanno bene di conseguenza è una visualizzazione un po’ “catastrofica” rispetto alla realtà.

Un esempio di percorso che è stato piuttosto ostico è stato quello dalla Biblioteca Nazionale Centrale a Santa Maria Novella nel periodo del corso che ho citato qualche articolo fa: non riuscivo proprio a imparare il percorso più veloce e, appena l’ho imparato, hanno chiuso quella strada perché era venuta una pioggia fortissima e l’asfalto era saltato. Devo dire che il navigatore spesso confonde ancora di più invece di aiutare perché ti suggerisce stradine secondarie che probabilmente nessuno conosce. In più, a volte si creano situazioni comiche quando devo spiegare agli altri dove mi trovo proprio in virtù della necessità di avere punti di riferimento precisi che non è detto che gli altri abbiano notato.

Come dicevo, ho una grande memoria fotografica, però non ho mai fatto schemi fisici mentre studiavo. Credo che in parte sia dovuto alla disgrafia \ disprassia che mi rendevano impossibile scrivere in maniera precisa e quindi lo schema era un vero pasticcio però mentalmente ce l’ho. Infatti i miei appunti vanno per concetti. Ho provato a sbobinare parola per parola i primi tempi della DAD ma impazzivo, non fa per me.

La Grandin, in realtà, a un certo punto ritratta affermando che nella sua famiglia anche la madre e la sorella, neurotipiche, usano molto gli schemi mentali. In effetti ho saputo che nel suo secondo saggio, ovvero Il cervello autistico, ha rivalutato questa posizione dicendo che non tutti gli autistici ragionano per immagini dato che la sua posizione così netta aveva confuso molta gente, tra cui anche persone autistiche che magari in effetti non avevano una capacità di astrazione così marcata.

Un altro discorso che sicuramente merita ulteriore approfondimento è quello delle ecolalie ovvero della ripetizione di alcuni suoni, anche apparentemente insensati, come forma di stimming. Anche questo aspetto può essere collegato a immagini particolari date dal suono. Così come la sinestesia che alcuni autistici vivono, ovvero la convergenza di più sensi in vari ambiti come stimolazione sensoriale – es. vedere i suoni o associare un colore a ogni giorno della settimana -. Esperienza che io non vivo e mi piacerebbe sentir raccontata da chi la sperimenta per scrivere un articolo che non si fermi alle informazione reperibili in rete ma vada oltre visto che potrebbe essere complesso da comprendere per chi non lo vive.

Forse in un secondo momento leggerò anche il secondo saggio per vedere come Temple Grandin ha rielaborato questo concetto,

Cate L. Vagni

13 pensieri su “Diversi modi di pensare: pensare in immagini nell’Autismo

  1. Sai che ho fatto leggere questo articolo a mia mamma e che l’ho usato come test? Mia mamma è una DSA e sottolineo è perché nonostante abbia superato la sua dislessia ha mantenuto una forma mentis differente dalla maggior parte della popolazione.
    Mi ha confermato che anche lei per ricordare gli eventi utilizza la sua straordinaria memoria fotografica, che il suo ricordare è di tipo visivo (ma ricorda anche i dialoghi), che nell’elaborare il pensiero parte dal dettaglio per poi arrivare al generale.
    Per metterla alla prova (prima che leggesse il tuo articolo) le ho sottoposto il quesito del campanile, chiedendole: “pensa ad un campanile… qual è il primo pensiero che hai elaborato?” Sai qual è stata la sua risposta? “La prima cosa che ho visualizzato è la croce del campanile, poi l’ho visto tutto”. Che dire… WOW!
    Mi ha anche rivelato che anche lei interpreta letteralmente i modi di dire e li visualizza, creando immagini a volte grottesche e che se le dico “ti parlo col cuore in mano” prima di pensare in maniera metaforica visualizza letteralmente un cuore insanguinato su una mano! Mi ha spiegato che anche il suo pensiero ragiona per schemi e non c’entra nulla studiare e rappresentare schemi per memorizzare perché non ne ha bisogno… semplicemente per le azioni della vita usa degli schemi mentali, che l’aiutano ad orientarsi.
    Mi ha detto che anche lei memorizza le strade e in posti nuovi è persa, ma non visualizza l’appuntamento, come nell’esempio riportato.
    Non ha gli stimming, né le associazioni di idee e neanche la convergenza di più sensi, ma ho scoperto che usa l’ecolalia mentale e ripete le parole (o più spesso, dice lei, suoni onomatopeici che inventa) e che le rimbombano in testa per intere giornate.
    Ovviamente non sto dicendo che questo articolo possa essere utilizzato come test diagnostico, ma è una conferma che sono la figlia di una neurodivergente e sai che ti dico? Ne vado anche di molto fiera 🙂

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    • La cosa dei modi di dire presi letteralmente è grottesca, menomale che a me non succede 🙈 si, io non visualizzo perfettamente gli appuntamenti proprio perché forse sono troppo ansiosa e tendo a pensare sempre al peggio 🙈 a me capita di ripetermi in testa parole più complicate da scrivere, lo stavo facendo ieri mentre correggevo la tesi. Parecchie parole mi confondono ahah interessante vedere come succeda anche a un’altra persona neurodivergente anche se non autisca. Alla fine può darsi che anche alcuni neurotipici lo facciano infatti Temple Grandin ha ritrattato in un secondo saggio perché ha capito di aver generalizzato troppo

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  2. Pingback: La mia bibliografia a tema autismo | Daydream On a Bookshelf – Piccolo scaffale dei sogni

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