Un piccolo gioiellino offerto da Netflix

Non so se avete notato, ma ieri ho modificato il nome e il motto del blog. In realtà il nome è rimasto identico ma ho aggiunto Piccolo scaffale dei sogni perchè io lo chiamo così e mi sembrava carino metterli entrambi. Del nuovo motto, Storia di una farfalla divergente, parleremo prossimamente perchè riguarda un progetto molto importante che può essere considerata un’evoluzione del blog e del mio lavoro di sensibilizzazione.

Ma adesso entriamo nel vivo dell’articolo: ho scoperto l’esistenza di questo corto grazie alla recensione di una ragazza autistica che seguo su Instagram e mi ha ricordato una storia che ho scritto anni fa e ho citato in uno dei primi articoli.

Il trailer di Robin Robin o, in italiano, Un pettirosso di nome Patty

Robin significa proprio pettirosso in inglese, quindi, in italiano è stato adattato con pettirossa – anzi Pattirossa, come la chiamano gli altri personaggi – perchè femmina.

L’uovo dal quale nasce la protagonista cade dall’albero e rotola, venendo trovato da una famiglia di topi che la adottano e la chiamano Patty. La famiglia è capeggiata da un padre single.

A pensarci. la trama potrebbe ricordare vagamente Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare di Sepulveda, per com’è presentata ma la rappresentazione della protagonista, che va letta tra le righe, non ha nulla a che vedere con Fortunata.

Patty cresce con questa famiglia di topi che entrano nelle case per rubare gli avanzi e cerca di imitarli con risultati pessimi e facendo fallire i loro “colpi”: lei vuole sgraffignare un panino intero ma, ovviamente, non ci riesce e fa troppo rumore.

Questa piccola pettirossa è impacciata, fa cedere ogni cosa che tocca, sbatte ovunque e non sa volare. Non ci crederete ma mi sono rivista in lei come persona disprassica anche se non è umana. Anche perchè non esistono delle vere rappresentazioni della disprassia anche se la maggioranza delle protagoniste dei romance sono impacciate e “pasticcione”, magari ne parlerò prossimamente.

La pettirossa fugge per cercare una nuova casa in cui rubare per rendere fiero il padre adottivo. Fuori nevica, è la Vigilia di Natale. Durante la fuga, la piccoletta incontra una gazza con un’ala ferita che ha rubato un oggetto da una casa per portarla nel suo nascondiglio e una gatta che la attacca e la deride per la sua “goffaggine” che mai potrebbe essere associata ai topi.

La gazza le chiede perchè non vola pur avendo le ali sane e lei risponde che non sa farlo. Patty è convinta di essere un topo, tanto che è disegnata con le orecchie tonde come il resto della famiglia e ha mascherato la sua vera natura tutto il tempo. Questa gazza è una sorta di specchio per la protagonista, che non si era mai resa conto di essere tanto rumorosa: entrano in una casa per rubare la stella di Natale dall’albero degli umani e Patty dice alla gazza di imitarla e lei replica tutti i suoi movimenti sgraziati che svegliano la famiglia e li costringono a fuggire.

La gatta è una sorta di bullo che vuole mangiarsi la protagonista facendola sentire patetica e inadatta visto che non sa volare e ha fallito anche come topo. La famiglia della protagonista torna e il padre le dice che la stavano cercando ed erano tutti preoccupati.

La protagonista si scontra con questa gatta e impara a volare per sfuggirle. Il padre, che per poco ha temuto che fosse annegata, le dice che Non è un topo ma è un topo, ovvero che farà sempre parte della famiglia anche dopo aver scoperto la sua vera natura, utile per distrarre gli umani e permettere ai topi di procurarsi il cibo.

Il messaggio di questo corto è semplice e condensato in una mezz’oretta ma intenso. Ci tenevo a parlarvene.

Vi lascio una piccola citazione dal mio raccontino di un pettirosso dall’ala spezzata che ha paura di volare e impara a farlo grazie a una rondine, anche lei ferita:

[…] – Grazie –

Era poco, ma per la rondine bastava. Non c’era bisogno di aggiungere altro, quindi, non appena il pettirosso si fu allontanato abbastanza, anche lei si alzò e si diresse nella direzione opposta a quella del pettirosso.

Questo emise un verso come a invitarla a girarsi per vedere cosa stava per fare. Lei lo fece per pura curiosità e lo vide volare a tutta velocità verso il sole e voltarsi solo per rivolgerle un ultimo saluto. […]

La parte finale della fiaba, che trovate sul mio account Wattpad

Spero che la mia recensione vi abbia invogliato a recuperare questo piccolo gioiellino,

A presto,

Cate L. Vagni

6 pensieri su “Un piccolo gioiellino offerto da Netflix

  1. Per me rimarrà per sempre memorabile il tuo commento a caldo tra l’ironico e l’arrabbiato: “Come è possibile che mi senta più rappresentata da un pettirosso rispetto a tutte quelle poche rappresentazioni distorte che si trovano nei media!”
    Ho visto il trailer e devo dire che non è per niente male! E’ vero, ricorda un po’ Sepulveda, ma ha comunque la sua trama e la storia si sviluppa su altri temi.

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    • Eh sì, quell’audio è significativo riguardo alla mia frustrazione in merito infatti alla fine la rappresentazione me la sto creando da sola. Ho riflettuto sul perché le protagoniste dei romance siano sempre impacciate e goffe senza essere veramente disprassiche: devono sembrare carine e indifese oltre che dolci quindi la goffaggine è usata per far ridere e intenerire. Magari un giorno ne parlerò davvero come ho fatto su Tik Tok da poco. È un cliché un po’ così, ecco…
      Sì, Patty e Fortunata sono due uccelline cresciute da animali diversi da loro che solo da adulte si accorgono di non appartenere a quella specie. Ci credi che riascoltare “Non sono un gatto” anni dopo mi ha fatto piangere? Sono due storie simili sono a primo impatto ma nel profondo completamente diverse e molto profonde ❤️

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      • E anche per rafforzare il cliché, nel quale devono apparire indifese, cosicché il bad boy di turno diventi istintivamente protettivo nei loro confronti. Concordo con te sulla profondità di entrambe le storie!

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        • Esatto ed è fuorviante perché essere indifesa non ha nulla a che vedere con l’avere difficoltà di coordinazione vere. La mia protagonista potrebbe sembrarlo apparentemente ma non ha bisogno di protezione perché disprassica. Sono due caratteristiche che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. È infantilizzante

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