Dopo il deludente approccio a un famoso retelling della mitologia classica ho deciso di tornare al mio porto sicuro: Valerio Massimo Manfredi. Ho parlato del percorso per riavvicinarmi a questa mia passione qualche articolo fa.
Per questo libro c’è anche un piccolo aneddoto simpatico da raccontare: anni fa, una mia cara amica mi regalò due libri di Manfredi: il primo è citato nell’articolo linkato sopra e il secondo è L’armata perduta. Ecco, il mio cervello per anni è rimasto convinto di aver letto il romanzo del quale parlerò in questo articolo e non l’altro, perchè i titoli simili mi confondevano e avevo bisogno di leggere la trama per capire quale fosse quello già letto e quello da leggere. Se siete curiosi, trovate la trama de L’armate perduta qui.
Il libro in questione è L’ultima legione, che ho letto prendendolo nella biblioteca dove sto svolgendo il mio anno di Servizio Civile Universale.

L’ultima legione del titolo è la Nova Invicta, che deve proteggere l’imperatore Romolo Augustolo dai barbari di Odoacre, che lo ha reso orfano. Romolo ha solo tredici anni e questa situazione lo fa soffrire molto. A prendersi cura di lui ci sono il druido bretone Ambrosinus, che gli fa da precettore e non lo ha mai abbandonato da quando ha cinque anni, e Wulfila, capo dei cavalieri eruli e uomo spietato che finge interesse per il giovane imperatore ma del quale c’è poco da fidarsi.
Romolo fa amicizia con i mercenari di una legione distrutta guidata da Aurelio, un uomo che dice di non avere un passato, e Livia Prisca, una ragazza poco più grande di lui che è fuggita dalla distruzione della sua città, Aquileia, e cerca il soldato che ha permesso a lei e sua madre di sfuggire al massacro. Aurelio pensa di dover salvare il ragazzo dalla situazione in cui si trova e che, evidentemente, lo fa soffrire, visto che, appena accenna ad allontanarsi, Ambrosinus si infervora con lui.
Romolo viene portato da Ravenna a Capri per scappare da Odoacre, che lo bracca ovunque vada. A Capri scoprirà un cimelio appartenuto a Cesare: la spada calibica, meglio conosciuta come Excalibur.
Il rapporto tra Romolo e Ambrosinus è quello che mi ha colpito di più: è così profondo e umano da essere commovente. Romolo, in fin dei conti, è solo un ragazzino e a volte vorrebbe poter vivere come i coetanei e avere degli amici, ma Ambrosinus è terrorizzato dal fatto che possano ucciderlo e si trova, suo malgrado, a doverlo redarguire sempre. Ambrosinus lo chiama Cesare, mai con gli altri nomi come gli altri. Ambrosinus si confronterà anche con Aurelio e Livia per capire cosa vogliono dal giovane imperatore e alla fine lo proteggeranno insieme.
Anche la relazione tra Livia e Aurelio si evolverà sempre di più fino a sviluppare sentimenti romantici che all’inizio entrambi respingono, oltre al fatto che Livia è convita che Aurelio sia il soldato che l’ha salvata anni prima durante l’assedio di Aquileia. Aurelio respinge l’idea per buona parte del libro, ma poi anche Ambrosinus lo fa riflettere e capisce che, forse, la ragazza potrebbe avere ragione sul passato che lui non riesce a ricordare. Livia ha imparato a combattere ed è scaltra, l’ altro rifugge qualsiasi legame emotivo anche per via del suo addestramento come soldato.
Tutti i personaggi sono estremamente umani e il romanzo è molto avvincente, fa vedere un altro punto di vista sull’ultimo imperatore dell’Impero Romano d’Occidente, chiamato Augustolo proprio perchè nessuno riconosceva la sua autorità.
E comunque devo dirlo: preferisco di gran lunga i romanzi ambientati nell’epoca classica che quelli ambientati nella nostra epoca con richiami all’antichità, come Chimaira. Ma Manfredi resta comunque uno dei miei autori preferiti e piano piano voglio leggere tutti i suoi libri.
Come sempre aspetto i vostri commenti e opinioni,
A presto,
Cate Lucinda Vagni
Benché non sia un’amante dei libri storici concordo con te che sulla preferenza dei libri ambientati nella propria epoca piuttosto in epoca moderna con rimandi a quelle passate. E concordo anche sul fatto che è interessante scoprire la storia dell’ultimo imperatore dell’impero romano d’Occidente, perché a scuola (anche per me che ho fatto il liceo classico), l’unico rimando che abbiamo è che fosse un bambino e che nessuno ovviamente ne riconoscesse l’autorità. Ma per il resto ad esempio come ci sia finito sul trono non lo studiamo neanche noi 😅 sappiamo solo che ahimè ha avuto vita breve 😟
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È inaspettato ritrovarsi a creare una ship in un libro simile, ma, cavolo, Aurelio e Livia sono una coppia perfetta e infatti è davvero e soddisfacente il loro finale. Romolo Augustolo diventa Artù in questa versione perché il suo precettore lo conduce in Britannia, infatti nel film ispirato al romanzo lui è chiamato anche Merlino oltre che Ambrosinus/ Aureliano Ambrosino. Storicamente, dopo la deposizione e l’ esilio, nessuno si è più interessato a questo ragazzo che, molto probabilmente, è morto a Napoli. In tanti punti del romanzo mi ha pure fatto tenerezza Romolo perché si sente che questa situazione gli pesa e, peraltro, è pure rimasto orfano e senza Ambrosinus resterebbe senza punti di riferimento. È stata una scelta vincente raccontare proprio di lui.
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