A chiunque si imbatta in queste pagine, raccomando di non leggerle. Ci potete provare; in ogni caso, non mi capirete. Nessuno mi capisce. Un tempo ho creduto il contrario, ma avevo torto.
– Victoria Grondin, Divergente
Inizialmente avevo pensato a un titolo molto più provocatorio per questa recensione, che mi è balenato alla mente da quando ho letto la sinossi del romanzo, ovvero “La caduta della società neurotipica”, ma mi sono ridimensionata perchè ho capito che era un un pò eccessiva come provocazione.
Victoria Grondin è laureata in neuropsicologia e conosce bene l’autismo, motivo per cui ha deciso di scrivere un romanzo in cui le persone autistiche sono la maggioranza e hanno riorganizzato il mondo secondo le loro caratteristiche, in modo che i neurotipici vengano considerati disabili e bistrattati da tutti, Guillaume ha sette braccialetti verdi che indicano che non ha alcuna ipersensorialità sensoriale. Questa peculiarità è indicata da un certo numero di braccialetti rossi, che tutti hanno.
Il protagonista, Guillaume, è un Divergente al quale è stata diagnosticata la Sindrome di Wing, che è a tutti gli effetti il corrispettivo dell’autismo: lui vuole parlare per metafore e fare small talks, non vuole routine rigide e non ha alcun talento particolare, infatti a scuola ha risultati mediocri e non approfondisce mai abbastanza nessun argomento, anche se il professore richiede di farlo in maniera molto enciclopedica, quasi facendo infodump. Ha un fratello gemello identico autistico di nome William, che, invece, è autistico. Chi eccelle in un determinato campo è chiamato Convergente, e William lo è in vari campi, mentre Guillaume, secondo il metro di giudizio scolastico di questo mondo, diviso in Semplice, Complesso e, appunto, Convergente, raggiunge a fatica il grado di “Complesso” e pensa di essere “un ritardato senza speranza”. Guillaume si confronta per tutto il libro con la sua neuropsicologa Kessy Grandin.
Kessy cerca di aiutare Guillaume a vivere in un mondo non costruito per lui, senza sentirsi “rotto”, visto che i suoi genitori sono stati convinti di doverlo “curare” per renderlo come il fratello. Guillaume ama il jazz, ma non è Convergente in questo campo. La vita di Guillaume sarà sconvolta dalla comparsa di Grace Wakefield, ragazza che si è trasferita da Montrèal per seguire un corso di storia del jazz che nella sua scuola non esiste. Grace è Convergente in sassofono ed è estremamente talentuosa, tanto da essere considerata un prodigio, e indossa i braccialetti verdi perchè ha una sordità parziale all’orecchio destro. Guillaume si sentirà compreso per la prima volta, tanto da innamorarsi di Grace. Ma Grace nasconde un segreto che lo ferirà nel profondo, e non ha nulla a che vedere con la sua Convergenza in sassofono.
Non so se è un caso, ma il cognome dello scopritore della Sindrome di Guillaume è lo stesso della prima psichiatra ad aver studiato l’autismo, Lorna Wing. I suoi studi sono meno conosciuti di quelli dei colleghi Kanner e Asperger, ma il suo lavoro è fondamentale. Nel romanzo. la Sindrome prende il nome da Zachary Wing. Ho la sensazione che neanche il cognome di Grace sia causale se ci si ricollega alla storia di Guillaume, cercate Andrew Wakefield e capirete perchè lo penso. Guilleume fa di cognome Kanner, tra l’altro. Anche il cognome della neuropsicologa, Grandin, mi fa venire in mente Temple Grandin, ma forse questa è tirata per i capelli dato che il campo di specializzazione di Temple Grandin è molto diverso da quello di Kessie.
Nonostante abbia apprezzato l’intento dietro alla storia e mi sia ritrovata in molte riflessioni di Guillaume, alcune cose mi hanno fatto storcere il naso: da quello che viene lasciato intendere, sembra che una delle caratteristiche base delle persone autistiche descritte dall’autrice sia la propensione per la matematica e che tutti siano estremamente abili nei calcoli a mente. Da discalculica, questo mi ha lasciato molto interdetta. Così come sono rimasta perplessa a leggere che tutte le persone autistiche sono accumunate dall’essere goffe, quando questo tipo di generalizzazione è un problema per le persone anche disprassiche. Mi sembra una semplificazione troppo eccessiva e anche fuorviante perchè mischia l’autismo con eventuali co occorrenze che non riguardano tutti. Poi non ho ben capito se, per esempio, l’ADHD rientra nella categoria della maggioranza della quale fa parte William come autistico, o in quella dei Divergenti ghettizzati come Guillaume. Se si considera il concetto di neurodivergenza, l’ADHD, in questo mondo, sarebbe al pari dell’autismo, ma in realtà sembra che solo l’autismo sia considerato il caposaldo della nuova società e tutte le altre neurodivergenze non esistano neanche. Forse alcuni aspetti meritavano un approfondimento maggiore.
Il libro lo consiglio comunque e continuerò a seguire l’autrice, nella speranza che pubblichi altri romanzi.
Spero di avervi incuriosito e attendo la vostra opinione in ogni caso,
A presto,
Cate Lucinda Vagni
Ps: Ho trovato un’intervista all’autrice fatta dagli editori Sante Bandirali ed Enza Crivelli della casa editrice come approfondimento per capire meglio il suo lavoro:
È comunque una visione di una persona neurotipica, per quanto informata.
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È anche l’esordio, magari nei prossimi parlerà di altro e migliorerà. Comunque il libro è carino e il suo lo fa per le riflessioni del protagonista. Mi ci sono rivista in alcune.
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Ho trovato un’intervista all’autrice fatta dalla casa editrice, se ti interessa l’ho aggiunta alla fine dell’articolo
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Grazie Cate.
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peccato per i tuoi dubbi, la logline è molto interessante e se sviluppata a dovere può dare gioie
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Si ma forse sono troppo pignola io perchè la mia mente lo paragona ai romanzi di altre autrici della stessa casa editrice, come per esempio Elle McNicoll, che comunque cerca di superare certi stereotipi. Forse la scelta di generalizzare sulla propensione sulla matematica è voluta per criticare questo stereotipo. La faccenda del “Dove sono finite le altre neurodivergenze?” è un pallino mio, ms visto che il libro è breve forse ha fatto bene a parlare solo di autismo. Mi sarebbe bastata anche solo una frase per essere contenta e sapere se anche i dsa, per esempio, sono sullo stesso piano dell’autismo o no. Tra le varie riflessioni per le quali faccio un plauso all’autrice c’è la critica alla bufala che i vaccini rendano autistici, infatti anche Guillaume viene considerato “figlio di un vaccino” come succede ancora alle persone autistiche. Da questo punto di vista il ribaltamento funziona, ma, allo stesso tempo, ci sono generalizzazioni che mi lasciano alquanto perplessa.
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Spesso succede che autori che si vogliono cimentare con un tema importante rivelino poi una certa pochezza e un eccesso di semplificazione nell’affrontarlo…
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Nei giorni successivi alla pubblicazione di questa recensione ho riflettuto e ho capito che forse non sono difetti oggettivi, ma soggettivi perché paragonavo la Grondin alla McNicoll e mi sembrava meno incisiva. Il libro ha i suoi punti di forza e le riflessioni che porta in realtà colpiscono nel segno, sono io che mi sono concentrata su dettagli che effettivamente non servivano per la trama. È un esordio quindi sicuramente migliorerà e tra l’altro siamo coetanee. Forse lei non rientra in questa categoria perché ll suo romanzo aveva uno scopo diverso, ma ne ho di esempi di autori, tra l’altro autistici che hanno banalizzato molto ciò che scrivevano magari mascherandolo dietro alla divulgazione. Un esempio è Donns in blu, che ho recensito tempo fa.
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Ho visto solo adesso il commento, per questo ho risposto così tardi
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